Articolo pubblicato sul numero 40 – 2016 della Rivista A&S ITALY -Tecnologie e Soluzioni per la Sicurezza Professionale.
La sempre crescente attenzione circa il tema della privacy, assieme alla forte necessità di tutelare la riservatezza, ha portato gli esperti a studiare, con sempre maggior scrupolo, le diverse situazioni nelle quali si possono o si potrebbero realizzare, nel quotidiano, delle violazioni al diritto di cui all’art. 1 del Decreto Legislativo 196/2003.1 Una crescente preoccupazione ruota intorno alla facoltà di impedire che le informazioni riguardanti la propria sfera personale possano essere divulgate senza l’autorizzazione dell’interessato, o anche il diritto alla non intromissione nella sfera privata da parte di terzi.
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Tale diritto assicura all’individuo il controllo di tutte le informazioni ed i dati riguardanti la sua vita privata, fornendogli nel contempo gli strumenti per la tutela di queste informazioni.
Orbene il diritto alla protezione dei dati personali, sancito al predetto articolo, recita testualmente: “chiunque ha diritto alla protezione dei dati personali che lo riguardano”. Per dovere di completezza espositiva, rammentiamo che per “dato personale” si intende “qualunque informazione relativa a persona fisica, identificata od identificabile, anche indirettamente, mediante riferimento a qualsiasi altra informazione, ivi compreso un numero di identificazione personale”. Il dato personale è quindi un bene giuridico c.d. di secondo livello, una sorta di “contenitore vuoto” all’interno del quale l’interprete inserisce uno specifico contenuto relativo al patrimonio informativo dell’interessato.
Costituiscono sempre dati personali quelli che riguardano la famiglia e altre situazioni personali, il lavoro, le attività economiche, commerciali, finanziarie ed assicurative, i beni, le proprietà e i possessi. L’interesse, nella presente trattazione, è quello di fornire , nei limiti dello spazio editoriale a disposizione, una breve disamina di quelli che sono gli strumenti a disposizione di qualunque cittadino che sia, suo malgrado, vittima di una violazione al cristallizzato “diritto alla riservatezza, all’identità personale e alla protezione dei dati personali”.
In che modo infatti il cittadino può difendersi? Quali sono gli strumenti a sua disposizione?
ISTANZA
Preliminarmente all’interessato è riconosciuta la possibilità di proporre un’istanza al titolare o al responsabile dei dati (se designato) ai sensi dell’art. 7 del Codice in materia di protezione dei dati personali. Una volta pervenuta al titolare o al responsabile (se designato), l’istanza deve ricevere un pronto riscontro entro 15 giorni (30 nel caso in cui le operazioni necessarie per un integrale riscontro siano particolarmente complesse). Nel caso in cui però il riscontro alla predetta istanza non fosse soddisfacente o non dovesse pervenire, l’iter a disposizione del soggetto interessato prevede la possibilità di rivolgersi direttamente al Garante con lo strumento del ricorso. Si tratta di un atto formale, previsto ai sensi dell’art. 147 Codice Privacy, alternativo all’esercizio della medesima facoltà innanzi all’autorità giudiziaria.
RICORSO AL GARANTE
L’adozione di tale strumento di tutela è previsto per tutti i casi in cui si vogliano far valere i diritti di cui all’art. 7 del Codice in materia di protezione dei dati personali e solo se la risposta all’istanza presentata al titolare o al responsabile (se designato) non pervenga nei tempi previsti dalla legge (rispettivamente 15 o 30 giorni in base alla complessità), non risulti soddisfacente, oppure se il decorso dei termini sovra indicati esporrebbe l’interessato ad un pregiudizio imminente o irreparabile.
Un aspetto da tenere debitamente a mente nel caso in cui si volesse optare per la difesa dei propri diritti con l’adozione di tale strumento, è che il ricorso al Garante non permette di richiedere alcuna forma di risarcimento del danno. Appare quindi opportuno, nell’ipotesi in cui si tema di aver subito una violazione che richieda un possibile ristoro, optare direttamente per un ricorso innanzi all’autorità giudiziaria competente al fine di far valere le proprie richieste risarcitorie.
RECLAMO E SEGNALAZIONE
Non di meno occorre segnalare quanto previsto dall’art. 141 del Codice della Privacy, che introduce altri due strumenti, di natura stragiudiziale volti a garantire la tutela del diritto alla riservatezza, attraverso un meccanismo più semplice e snello. Si tratta del reclamo e della segnalazione.
Quando parliamo di reclamo facciamo riferimento ad un atto c.d. “circostanziato”, che deve contenere un’indicazione il più possibile precisa e dettagliata dei fatti e delle circostanze su cui lo stesso si fonda, ossia l’indicazione degli estremi identificativi di colui che ha realizzato l’illecito trattamento dei dati personali, nonché l’allegazione dell’opportuna documentazione.
Qualora non fosse possibile la narrazione dettagliata o, parimenti, la disponibilità dei documenti utili, è stato previsto uno strumento residuale: la segnalazione.
Quest’ultima non richiede particolari formalità ai fini della sua efficacia e può essere proposta su carta libera.
Tale semplificazione nelle procedure evidenzia una forte sensibilità da parte del Legislatore nei confronti del diritto alla riservatezza, garantendo al cittadino, in ogni momento, la possibilità di richiedere la più adeguata forma di tutela.